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Partecipa e contribuisci all'attività di Rifondazione Comunista con 15 euro al mese. Compila questo modulo SEPA/RID online. Grazie LA NOSTRA OPPOSIZIONE AL GOVERNO MELONI E AL BELLICISMO EUROPEO Documento approvato dalla direzione nazionale a conclusione della riunione del 17 dicembre 2025 FERMARE LA GUERRA, IL RIARMO E IL GENOCIDIO "La realtà è che il piano in 28 punti non è minimamente paragonabile a qualcosa che possa essere ragionevolmente definito "capitolazione" o perdita di sovranità dell'Ucraina". Il nostro giudizio più che negativo sull'amministrazione Trump e l'imperialismo MAGA non implica che si debba boicottare la trattativa. Condanniamo le posizioni assunte dall'Unione Europea e dai governi che, al seguito della Germania e della Gran Bretagna, paiono impegnati nel tentativo di proseguire la guerra a ogni costo. Contrastare le scelte del governo e dell'Unione Europea per il riarmo rimane una priorità e in questo senso dobbiamo lavorare con tutte le soggettività pacifiste, dalla campagna STOP REARM EUROPE ai sindacati fino alla Conferenza Episcopale. La protesta dei giovani tedeschi contro la leva indica la via di un movimento popolare per la diserzione di fronte a questa ondata guerrafondaia. Non possiamo non registrare l'affievolirsi del movimento dopo le giornate straordinarie di settembre e ottobre. A Gaza la situazione permane gravissima, il genocidio non si è interrotto, in Cisgiordania proseguono le violenze dei coloni. Si rende necessario il rilancio delle iniziative: dal BDS alla campagna per la liberazione di Marwan Barghouti che con la costituzione dei comitati a livello territoriale deve essere un terreno di lavoro unitario. UNA MANOVRA ANTIPOPOPOLARE La legge di bilancio del governo Meloni in corso di approvazione è ulteriormente peggiorata nel suo profilo neoliberista, classista e antipopolare. Le ultime proposte sulle pensioni configurano un esecutivo che ha scelto di presentarsi come il garante del capitalismo finanziario, della rendita e dei poteri forti contro un "campo largo" presentato con grandi esagerazioni come orientato troppo a sinistra. I proclami di Giorgia Meloni come "con la Destra al governo le patrimoniali non vedranno mai la luce" o il ricorso bocciato contro l'introduzione nelle regioni del salario minimo sono messaggi precisi di chi si presenta come garante del regime dei bassi salari, delle privatizzazioni, della precarizzazione. L'attacco ossessivo contro la Cgil, i sindacati non allineati e contro la legittimità dell'esercizio del diritto di sciopero qualifica il carattere reazionario di classe di questo governo e la matrice da cui non si sono mai separati, dal postfascismo all'oltrefascismo il passo è breve. Piegare la residua forza del sindacato e liberarsi del contropotere di una magistratura autonoma sono obiettivi su cui la destra incontra la simpatia di larghi settori della borghesia italiana. È fondamentale proseguire anche dopo l'approvazione della manovra una campagna di informazione con iniziative e volantinaggi per denunciare il carattere antipopolare della destra mettendo in relazione questione sociale e questione democratica. La perdita del potere d'acquisto di salari e pensioni, i tagli a sanità, scuola, università, servizi vanno strettamente collegati alla guerra e al riarmo. L'ingiustizia della mancata tassazione delle grandi ricchezze deve essere oggetto di una campagna specifica. ELEZIONI REGIONALI I risultati delle elezioni regionali presentano caratteri contraddittori perché da un lato hanno segnato un "pareggio", e quindi una battuta d'arresto per la destra, ma a tempo stesso è cresciuta ulteriormente l'astensione e nelle vittorie del "campo largo" è forte il peso dei sistemi di potere locale. Se il risultato del voto certamente ha indebolito i centristi anti-Schlein – e questo è un fatto positivo – rimane l'assenza di una visione programmatica chiara e unitaria che delinei un'alternativa per il paese e in particolare per i settori popolari e le classi lavoratrici. Il nostro partito ha partecipato alle elezioni con collocazioni e modalità differenti regione per regione decise dai comitati regionali dando attuazione alla linea approvata all'ultimo congresso. Non è stata imposto un identico schema dall'alto su contesti differenti. In alcune regioni si è scelto di tentare di sfidare le antidemocratiche soglie elettorali presentando candidature indipendenti dentro liste in grado di eleggere all'interno della coalizione di centrosinistra (Calabria, Puglia), in altre abbiamo presentato il nostro simbolo partecipando a coalizioni di centrosinistra (Marche, Veneto), in alcune regioni abbiamo partecipato a liste unitarie alternative ai due poli (Toscana, Campania). Soltanto in Calabria si è riusciti a eleggere un consigliere regionale, il candidato indipendente Laghi, e al momento si attende il risultato del ricorso in Toscana che potrebbe determinare l'elezione della candidata Bundu. I risultati differenti non si discostano di molto dalla precedente tornata per il nostro partito e le liste da noi promosse, si confermano differenze nel peso elettorale nei diversi territori già note. Risulta evidente che nessuna collocazione di per sé è in grado di garantire un successo né di recuperare l'astensionismo in crescita. Lo stesso risultato della Toscana non può essere assunto come uno schema salvifico riproducibile con analoghi risultati altrove, come ampiamente verificato in Puglia o in Liguria e Emilia Romagna nel 2024, perché in quella regione l'elettorato a sinistra del campo largo è assai più consistente. Emerge la necessità di qualificare la nostra iniziativa politico-programmatica sui temi regionali e territoriali per essere percepiti come socialmente utili, rafforzare la nostra internità ai movimenti, il nostro ruolo attivo nelle vertenze, sviluppare relazioni strutturate con personalità e competenze impegnate sul piano sociale e ambientale. Ma una condizione imprescindibile è rafforzare il nostro radicamento organizzativo e ricostruire presenza in tanti territori in cui siamo da tempo assenti. Non si esce facilmente da una lunga crisi e da un'oggettiva marginalizzazione. La Direzione nazionale ringrazia tutte le compagne e i compagni che hanno dato il proprio contributo alla campagna elettorale allargando il quadro delle interlocuzioni e delle adesioni a partito. Il lavoro fatto non va disperso e anzi valorizzato anche con iniziative nazionali sui temi regionali e territoriali. REFERENDUM GIUSTIZIA L'imminente nuovo referendum costituzionale, quello contro la "controriforma" Nordio, assume un carattere politico che una formazione politica antifascista non può sottovalutare. Non si voterà sulla separazione delle carriere, questione affrontata già dalla legislazione precedente, come insiste la propaganda governativa, ma per portare avanti il piano di Licio Gelli e Silvio Berlusconi contro l'indipendenza della magistratura sancita dalla Costituzione e rendere il PM subalterno alla polizia giudiziaria. Il governo Meloni, con la spregiudicatezza che lo contraddistingue, vuole imporre una data ravvicinata nel mese di marzo per la convocazione dei referendum al fine di non perdere il vantaggio che per ora gli attribuiscono i sondaggi. Per questo il nostro partito ha dato la disponibilità alla presentazione di un quesito che potrebbe allungare i tempi ma non procederemo se non vi saranno condizioni di unitarietà del fronte del NO referendario. IL PARTITO La Direzione ribadisce la necessità del massimo impegno nel rilancio organizzativo del partito e in queste ultime settimane dell'anno nella chiusura del tesseramento 2025. Va stigmatizzato il ritardo delle federazioni nella digitalizzazione. La permanente drammatica emergenza economica richiama al dovere di rilanciare la campagna di autofinanziamento.
MAURIZIO ACERBO |